Le parole olfatto e odorato nelle lingue anglosassoni sono affini ad altre che in alcuni idiomi di ceppo slavo e germanico indicano “covare sotto la cenere”, “inferno”, “pece”, “resina”. L’essenza, il profumo, l’odore, il fumo, hanno infatti sempre costituito elementi raffigurativi e metafore del manifestarsi del mondo sommerso, sia del regno dell’aldilà, che di quello delle potenze diaboliche che, più in generale, di quello della psiche e delle sue misteriose profondità.

Un mondo di odori, un mondo buio e sconosciuto, che può essere discriminato attraverso la percezione olfattiva, modalità sensoriale capace di riconoscere l’essenza delle cose anche nelle circostanze in cui non sia possibile far riferimento ad altri dati percettivi.
Fin dall’antichità l’odore che si sprigionava dal fumo prodotto sugli altari dalle vittime sacrificali era usato per conciliarsi gli dèi, per creare un ponte tra il mondo umano e quello divino. Retaggi di questi antichi riti permangono nel cerimoniale dell’aspersione dell’incenso nella Chiesa cattolica.
Altri odori, ben più sgradevoli per le nostre narici, come quelli dell’aglio, sono stati utilizzati e sono usati tuttora da taluni per allontanare gli spiriti maligni. Contro il pericolo del contagio da peste l’odore intenso del timo, della lavanda, della maggiorana, della salvia, del basilico e del rosmarino, poteva fungere, nella fantasia popolare, da efficace antidoto.
La repressione sociale riveste un imponente ruolo nel controllo della funzione olfattiva. L’uomo perde infatti gran parte delle sue facoltà olfattive a causa dell’educazione che riceve nel corso della sua formazione.
Il neonato trova a “naso” il seno materno quando ha fame, allo stesso modo di molti altri mammiferi. L’osservazione del comportamento degli animali dimostra che il sistema olfattivo può essere molto preciso e ricco di possibilità di discriminazione sugli odori.
I bambini, come gli animali, fanno un buon uso dell’olfatto. Le convenzioni sociali, però, impediscono loro di servirsene per “sentire” gli altri. Il periodo in cui tale forma di repressione assume un particolare rilievo coincide con l’educazione impartita al bambino affinché impari a controllare i propri sfinteri, lo stesso periodo nel quale si manifesta lo sviluppo di quell’attività moralizzatrice che serve per giudicare e condannare, per discriminare tra bene e male.
Lo sviluppo della stazione eretta e l’incredibile affinarsi delle facoltà tattili hanno determinato per l’umanità la riduzione dell’utilizzo della funzione olfattiva. L’abbandono del piacere che possiamo trarre dall’impiego di questa percezione prenderebbe parte, infine, alla genesi di molti disagi psichici, a causa dell’intima relazione tra istinto sessuale e senso dell’olfatto.
La repressione sociale della funzione olfattiva può incidere in maniera rilevante sullo sviluppo della nostra personalità tanto che alcuni individui mettono in atto delle autolimitazioni alla sensibilità agli odori. Le congestioni acute o croniche delle vie respiratorie, i comuni raffreddori, riducendo la sensibilità agli odori, fungerebbero da efficienti deodoranti, in particolare per quelle persone che vivono in maniera negativa le potenzialità conoscitive stimolate da quest’organo di senso. Ciononostante l’olfatto resta una funzione di imprescindibile importanza nella vita di coppia e a tavola e si mantiene attiva in una forma che potremmo definire inconscia.