Il giardino è un mondo meraviglioso e misterioso, un luogo intermedio attraverso il quale può trovare rappresentazione il nostro mondo interiore.
Userò la metafora del giardino per parlare della nostra anima, delle forme attraverso le quali si manifesta a noi e agli altri e di come scoprire il meglio di noi attraverso un percorso psicologico.

Una giovane donna sogna, all’inizio dell’analisi:
Sto visitando delle case con mio marito perché voglio cambiare abitazione. Una di queste case si affaccia su un piccolo giardino al cui centro c’è un grande albero esotico, mi piace, e penso subito che è perfetto per costruirci sopra una casetta per far giocare mia figlia.
 
Come la donna del sogno, quando entriamo in un giardino, ci sentiamo immersi in un flusso di sensazioni. Rimaniamo incantati e i nostri occhi, mentre ammirano la bellezza dei fiori e dei colori, ci catapultano, ad un tempo, dentro noi stessi, nel nostro giardino interiore.
La stessa donna sogna la parte oscura di sé, fonte di bello e risorse:
 
Mi trovo con alcuni miei amici nel giardino anteriore di casa mia, che è esposto a Nord. E’ tardo pomeriggio perciò è in ombra, come la facciata principale della casa. Guido gli amici che mi seguono nel giardino sul retro della casa, che invece è esposto a Sud. La sua vista è nascosta e per andarci saliamo e scendiamo delle scale. Questo giardino, a quest’ora del giorno, è pieno di sole, sembra abbandonato da tanto tempo, non è curato, le piante sono cresciute un po’ ovunque, l’erba è alta, ma è tutto in fiore, e mi sembra bellissimo.
L’espressione del volto di chi visita un giardino è sempre un’espressione rilassata, di pace e di gioia, mai aggressiva.
Il giardino è costruito con i fili delle emozioni che lo abitano e con quelle che noi stessi ci proiettiamo, quando lo visitiamo, e queste emozioni parlano di noi e della nostra vita.
Quanti giardini hanno preso forma dal lavoro dell’uomo? Da quelli estesi all’infinito e immensamente costruiti, i parchi, a quelli pensili, sottratti all’avanzare del deserto. Da quelli giapponesi, creati lasciando emergere solo l’essenziale, a quelli infinitamente piccoli abitati da bonsai.
Eppure ogni giardino racchiude il più grande dei misteri, quello della vita e del suo eterno rinnovarsi. Il mistero di un mondo abitato da piante e animali e dalle loro vite segrete. Cosa sappiamo di loro? Che la voce dei fiori può essere udita solo dalle streghe? Che la loro vita può essere esplorata solo da pazienti botanici? Che gli animali che vi abitano sono sacri agli dei?
Poco sappiamo di questo piccolo grande mondo, se non che accoglie ogni nostra proiezione, così che ogni essere che lo abita, sia esso fiore, pianta o animale è diventato simbolo per noi di amore, fedeltà, orgoglio, vanità, umiltà, Sé, resurrezione.
Il giardino è come un vaso all’interno del quale tutto si incontra e si trasforma, e dove i quattro elementi giocano per noi a creare ogni forma e colore. Emblema della nostra vita, il giardino come la nostra vita cresce lentamente, ha bisogno di cure e pazienza.
Gli antichi tappeti persiani altro non sono che giardini annodati, sogni di nomadi che hanno preso forma artistica e si sono concretizzati.
Si narra che probabilmente il più famoso tappeto-giardino della storia avesse un disegno simile o addirittura identico a quello del giardino dell’Eden: il pozzo o la fontana centrale sgorga e si dirama in quattro direzioni, dividendo il quadrato in quattro quadranti.
Era chiamato il giardino di primavera di Khusran e veniva srotolato durante l’inverno, per ricordare all’imperatore la primavera. Pare che andò distrutto dai nuovi conquistatori, gli Arabi, e non fu possibile restaurarlo.
Come nei racconti mitici e religiosi la divinità crea l’ordine dal caos, così l’uomo ha bisogno di uno spazio chiaramente definito, delimitato, protetto, dove creare il proprio mondo e stabilire il proprio ordine.
Organizzando consapevolmente un giardino o potremmo anche dire un Paradiso, gli esseri umani iniziano a creare il proprio mondo individuale, iniziano un processo di ricerca del proprio Sé.
La parola giardino, nelle varie lingue, significa, di volta in volta, recinto per il bestiame, fattoria, casa, famiglia, podere, tenuta, proprietà.
Tutte le espressioni che indicano la parola giardino nelle lingue europee derivano dall’indo-germanico ghordho che significa graticciata, siepe, staccionata, recinto, terreno recintato. In senso lato significa separare con un recinto, racchiudere, contenere.
Ghordho ha a che fare anche con choros, il terreno di danza o la danza, con la parola hortus e con quella russa gorod, città, in origine spazio racchiuso.
La parola Paradiso ha lo stesso significato: Pairidaeza, da pairi, intorno, e daeza, muro.
Il giardino, in quanto recinto, ci mette a confronto anche con i nostri limiti.
La parola tedesca haus indica casa. Questa parola è legata etimologicamente a haut, pelle. La casa simboleggia perciò il corpo umano. Quindi rappresenta qualcosa che è avvolto, mentre il giardino è qualcosa che è recintato.
La casa rappresenta una sorta di immagine della psiche, lo stato della nostra coscienza.
La natura, il territorio incolto, invece, ciò che al contrario è estraneo, diverso, sconosciuto, inconscio a noi stessi.
Il giardino è quel luogo dove entrambe le cose si incontrano, il luogo dove può avvenire lo scambio, dove può stabilirsi una relazione tra opposti, il luogo dove possiamo ritrovare noi stessi.